Viaggio a Sant’Antioco: cosa vedere

L’estate che è appena terminata, per me, è stata lunga. L’ho tirata come un elastico fino a metà settembre e ho passato al mare un periodo ben più lungo del solito. Sono stata per più di un mese in Sardegna, più precisamente a Sant’Antioco.

Sant’Antioco è un’isola nell’isola, si trova a sud ovest, a circa un’ora di distanza da Cagliari ed è attaccata alla Sardegna da un istmo artificiale. Si tratta della quarta isola più grande d’Italia ed è vicinissima all’Isola di San Pietro, celebre per le sue tradizioni liguri ancora molto radicate e per il tonno squisito.

In tutta onestà, di Sant’Antioco non sapevo proprio nulla. Questo viaggio è stato pensato e prenotato durante uno dei vari lockdown con l’unica, grande necessità di cambiare panorama e di respirare aria di mare. Così è stato. Rimanere per più di un mese mi ha permesso di conoscere davvero da vicino un’isola ancora selvaggia, frequentata dai turisti ma non troppo e con una storia ricca e antichissima, che ha lasciato eredità più che tangibili.

Come raggiungere Sant’Antioco

Come dicevo, Sant’Antioco si trova a sud ovest, in quella zona della Sardegna chiamata Sulcis, dall’antico nome fenicio Sulky che si riferisce proprio all’isola di Sant’Antioco.

Per raggiungere l’isola, il modo più veloce è volare fino a Cagliari e poi noleggiare un’auto, che permette di muoversi agilmente tra le strade che uniscono le varie spiagge. In alternativa, se arrivate in traghetto a Olbia (come ho fatto io), vi aspetta un viaggio in macchina di circa tre ore e mezzo.

Dove dormire

Sant’Antioco è un’isola accogliente. Chiunque incontrerete farà di tutto per farvi sentire a casa e anche gli alloggi dove abbandonarsi completamente al relax non mancano.

Io, visto che sentivo appunto un bisogno estremo di avere il mare davanti agli occhi, ho scelto una casa su Airbnb che potesse soddisfare il mio desiderio. Si tratta di questa qui, La casa in Laguna, e direi che ha risposto alle mie necessità in modo impeccabile. Il proprietario si chiama Davide, è gentile e molto disponibile, vi farà trovare la casa pulita e perfetta, con tanto di grandissima griglia in pietra per serate memorabili a guardare tramonti e luci riflesse sul mare sorseggiando vino e mangiando pesce fresco o ottime verdure locali. La casa è piuttosto isolata, dista una decina di minuti dai due paesi, Sant’Antioco e Calasetta, si affaccia su uno stagno frequentato da pescatori ed è circondata dalla tranquillità più assoluta. E poi sì, il mare è lì, dappertutto, lo vedrete da ogni angolo della casa, che è letteralmente immersa nella macchia mediterranea, di cui respirerete il profumo senza stancarvi mai.

Se invece siete alla ricerca di qualcosa di meno tradizionale, rimanendo sempre fedeli al panorama marino e all’aria che sa di elicriso, vi consiglio l’agriturismo Erbe Matte, nella parte meridionale dell’isola. Potrete dormire in tende lodge ispirate ai safari o cupole geodetiche, per una totale e immersiva vacanza nella natura.

Un altro alloggio interessante perché fondato sulla sostenibilità e il rispetto del blu è l’ecostello MuMa Hostel, che fa parte del Museo del Mare di Sant’Antioco. Il museo è nell’ostello e l’ostello è nel museo, l’ingresso è comune, la missione anche: condividere la passione per il mare e il rispetto per l’ambiente. Il MuMa Hostel si trova sul lungomare di Sant’Antioco, esattamente dove arrivano i pescatori di prima mattina con le barche colorate cariche di pesci e molluschi e dove vi troverete a passeggiare, ascoltando lo sciabordio lento di quelle stesse barche, la sera. Tutto all’ostello parla di amore per la natura: dalla scelta di prodotti a km0 per la colazione, all’attenzione per ogni possibile spreco di acqua ed elettricità tradotto in azioni concrete, all’utilizzo dei prodotti di igiene e pulizia meno impattanti.

Cosa vedere a Sant’Antioco: la storia

Sant’Antioco ha una storia antichissima, ve ne renderete conto subito. Popolata dai nuragici prima, è diventato poi un porto fenicio; i due popoli hanno convissuto pacificamente in quella che è diventata la prima città d’Italia: Sulky (si legge sulchì). Aveva circa 10000 abitanti, tantissimi, soprattutto se si pensa che è all’incirca la stessa popolazione che il paese ha anche oggi. Dell’antica Sulky non è rimasto molto a livello architettonico, la città è stata sommersa, ma ci sono comunque testimonianze importanti che raccontano l’alternarsi di popoli e dominazioni. Ai fenici sono succeduti i cartaginesi e poi i romani: si è trattato di transizioni pacifiche, che hanno permesso di portare avanti le tradizioni e di fonderle con le diverse culture. Tutto questo viene raccontato magnificamente e in modo più che esaustivo dal Museo Archeologico Ferruccio Barreca, che accompagna letteralmente attraverso la storia dell’isola e dei suoi abitanti grazie a cimeli delle diverse epoche molti dei quali rinvenuti nelle antiche tombe. Fa parte del museo anche il Tophet, cimitero dei bambini fondato in epoca fenicia ma utilizzato anche dalle popolazioni successive. Proprio da quest’anno, poi, sono visitabili anche la l’Acropoli e la Necropoli, usata a partire dal VI secolo a.C. fino all’epoca romana. Ospita più di 1500 tombe scavate nel tufo; alcune sono visitabili e, se non soffrite di claustrofobia, è un’esperienza davvero affascinante. Ma la Necropoli è strettamente connessa anche a un’altra storia, molto più attuale: quella dei gruttiai. Letteralmente gli abitanti delle grotte.

L’isola di Sant’Antioco dopo l’abbandono da parte dei romani è rimasta a lungo disabitata. Circa a metà del Settecento i Savoia e la curia si sono occupati del ripopolamento dell’isola. Sono arrivate tante famiglie dal centro della Sardegna, soprattutto da zone rurali, che hanno portato tradizioni agricole facendo lentamente ripartire l’economia. Arriva però anche chi non ha una terra e, senza casa e senza lavoro, decide di profanare le antiche tombe fenice, svuotarle e trasformarle in abitazioni. Si crea così un vero e proprio villaggio, un ghetto ai margini del paese, abitato però fino al Novecento. Gli ultimi gruttiai hanno continuato a vivere nelle tombe fino alla loro morte: l’ultima signora, centenaria, è mancata nel 1995. Visitare il Villaggio Ipogeo è piuttosto impressionante, parla di un passato recente che è stato motivo di vergogna per Sant’Antioco e che ancora oggi sopravvive nei racconti e nei ricordi degli abitanti.

Per conoscere questa storia e comprendere come si è sviluppata l’economia dell’isola, le sue tradizioni agricole e culinarie, vi consiglio di visitare il Museo Etnografico; ha aperto nel luglio del 1996 ed è stato allestito in sole due settimane: i cittadini hanno contribuito portando attrezzi, oggetti quotidiani, cimeli di famiglia e qualsiasi cosa potesse aiutare a ricostruire e far conoscere le tradizioni. Scoprirete che nonostante si tratti di un’isola, la tavola ha il sapore della terra: tanti sono ancora oggi i pastori e i contadini, così come non mancano i produttori di ottimo vino.

Qualcosa di legato al mare però c’è e vive su quel confine sottile e suggestivo che sta tra leggenda e realtà. La laguna di Sant’Antioco era ricca di Pinna Nobilis, un mollusco oggi in via d’estinzione che ha le sembianze di una grande cozza. La Pinna Nobilis veniva pescata, non si mangiava, ma i filamenti con cui si attacca al fondale venivano usati per ricamare. Queste radici sottilissime che somigliano a capelli si chiamano bisso e quella che si ottiene dalla sua lavorazione è chiamata seta del mare. Il ricamo del bisso era una tradizione antica, probabilmente fenicia, diffusa in tutto il mediterraneo; si ottenevano ricami magnifici, con una caratteristica particolare: alla luce del sole il bisso prende le sfumature dell’oro. A Sant’Antioco c’era un’importante scuola di tessitura, chiusa poi nel 1939 e la tradizione è andata via via perdendosi. Oggi è vietato pescare la Pinna Nobilis, ma c’è una persona che si è fatta portatrice e narratrice di questa storia millenaria.

Si tratta di Chiara Vigo, che quotidianamente accoglie visitatori nel suo Museo del Bisso. Il museo, in realtà, è lei stessa. Lei che racconta, che incanta e che lavora con mani e canti la fibra ricavata dalla Pinna Nobilis. Si definisce Maestro del Bisso, unica erede di un rituale ancestrale trasmesso per via orale. Chiara Vigo è un’alchimista, una ricamatrice abile e instancabile: il museo è il suo laboratorio e sulle pareti ci sono i suoi lavori, al centro della stanza c’è un grande telaio appartenuto a sua nonna, in un angolo un banco con una luce da studio e tanti piccoli utensili, tra cui il fuso di oleandro con cui Chiara lavora il filato. Ascoltarla è magico e trasporta in una dimensione fiabesca che ha a che fare con il mondo marino e con la natura femminile. Se state già immaginando di portare a casa come souvenir uno di questi preziosi e unici ricami, sappiate che non è possibile: il bisso non si compra e non si vende. È del mare.

Le spiagge

Prima di tutto ho imparato che non siamo noi a scegliere in quale spiaggia andare, è il vento che decide. Un giorno Maestrale, poi Scirocco, poi Ponente e un attimo dopo Levante: l’aria è sempre in movimento ed è importante impararlo, una volta qui, perché permette di godersi il mare nel modo giusto. Non mi soffermo sui colori straordinari e cangianti del blu, che mi ha ipnotizzato a ogni spiaggia, piuttosto, da tenere in considerazione è il litorale: amate la sabbia o la roccia? Io preferisco i litorali sabbiosi e ho quindi evitato rocce e piscine.

Maladroxia, che si trova a pochi chilometri più a sud del paese di Sant’Antioco, è una delle spiagge più amate e frequentate dell’isola ed è pittoresca grazie al paese affacciato sulla sabbia; l’acqua è bassa e cristallina, in alcune zone del fondale poi sgorga acqua termale calda. Per il terzo anno consecutivo questa spiaggia si è meritata la Bandiera Blu. Non la metto sul podio, ma ci sono tornata spesso perché molto piacevole e fornita, troverete infatti bar – di cui uno completamente plastic free e gestito da ragazzi giovanissimi – e piccoli stabilimenti balneari.

Accanto a Maladroxia ecco Su Portixeddu, una delle mie spiagge preferite. Una caletta piccola, incorniciata dalla macchia mediterranea. A terra troverete sabbia mista a ciottoli, è una baia caratterizzata da fondale basso e passeggiare con l’acqua alle caviglie è molto piacevole: a sinistra della spiaggia noterete una villa con una lunga scala che scende fino al mare, arrivate fino lì a dare un’occhiata e a invidiare i proprietari.
Scendendo verso sud incontrerete Coaquaddus, dove però non mi sono fermata se non per un paio d’ore; poco distante c’è invece Turri, che prende il nome dalla settecentesca Torre Canai, sotto cui si estende. Fateci caso: non ci sono spiagge grandi, sull’isola; si tratta quasi sempre di calette, mai troppo affollate. Turri è frastagliata e fatta di ciottoli, anche se, a seconda dei venti e delle mareggiate, potreste trovarla coperta di sabbia. Nel mio caso, c’era uno spesso tappeto di posidonia a foderare il litorale. Spesso si confonde la posidonia con un’alga, si tratta in realtà di una pianta marina a tutti gli effetti, che svolge un compito importantissimo oltretutto; incontrarla è un ottimo segnale, significa che il mare gode di buona salute. Vi capiterà spesso di imbattervi in banquettes di posidonia, nelle spiagge di Sant’Antioco: hanno un odore poco gradevole e in alcuni punti dovete letteralmente immergervi nelle foglie morte per arrivare al mare, ma è bene ricordare che anche questi depositi sono estremamente utili, perché salvano il litorale dall’erosione.

All’estremo sud c’è Capo Sperone, che mi è piaciuto molto perché selvaggio, il litorale è sabbioso e raggiungerete la spiaggia scendendo a piedi da una strada sterrata costeggiata da fichi d’india con una visuale straordinaria: il mare si dispiegherà davanti ai vostri occhi. Poco distante, si trova una delle spiagge più amate dell’isola: Cala Sapone. Non la metto però tra le mie spiagge del cuore. Certo, il mare è bellissimo, la baia è accogliente, placida, sabbiosa ma circondata da piattaforme scogliose dove distendersi o camminare, io però l’ho trovata sempre piena di gente e questo ha guastato la suggestione. Devo riconoscere però che Cala Sapone è molto romantica: essendo a ovest è perfetta per aspettare il tramonto. Oltretutto la sabbia è piena di schegge di conchiglie e pezzetti di corallo e al calare del sole la battigia si riempie letteralmente di scintillanti riflessi rosati. Ho assistito a tutto questo facendo yoga, senza dubbio uno dei momenti più memorabili della vacanza. Alle spalle della spiaggia c’è il bar ristorante Mario e Pinella, dove potrete anche affittare sdraio e ombrelloni.

A pochi minuti da Cala Sapone, ecco la mia spiaggia preferita: Cala Lunga. Ha le sembianze di un fiordo, la sabbia è fine e screziata dal rosa dei coralli. Circondata da rocce, potete camminare fino sopra la scogliera per guardarla dall’alto e rendervi conto della profondità di questa insenatura. È stato il posto che ho scelto per salutare il mare, prima della mia partenza e i pomeriggi più belli e rilassanti li ho di sicuro trascorsi lì. Attenzione al vento: se arriva da ovest meglio evitarla. L’aria si incanala e vi troverete ricoperti di sabbia dalla testa ai piedi.

Salendo verso Calasetta fiancheggerete la scogliera del Nido dei Passeri: fermatevi per guardare il panorama, lì in mezzo al mare vedrete anche il faro di Mangiabarche, che nome bellissimo. La scogliera è rossa, se potete passateci al tramonto, vi inonderà di riflessi infuocati. Lì non si può fare il bagno, ma lungo la costa ci sono tanti punti in cui, avventurandovi a piedi, riuscirete a fermarvi per tuffarvi dagli scogli. Non è la mia attività preferita, ma c’è chi invece ama farlo. Io ho preferito polleggiarmi sulle lunghe e morbide spiagge vicino a Calasetta, in particolare a Spiaggia Grande: una lunga lingua di sabbia chiarissima, caratterizzata dal più cristallino dei mari. Poco distante troverete invece la spiaggia delle Saline, che prende il nome dalla salina che si estende proprio alle spalle del litorale, separata da basse dune sabbiose.

Questa è solo una parte del racconto, se però vi è salita la curiosità e pensate che Sant’Antioco possa diventare la meta delle prossime vacanze, vi consiglio di contattare l’Ufficio del Turismo, con cui ho visitato i musei e che mi ha permesso di scoprire segreti e angoli dell’isola a cui non avrei avuto accesso altrimenti (grazie ancora di cuore <3). Sant’Antioco sta sviluppando tantissime attività per i visitatori, concentrate soprattutto durante i mesi estivi (ma non solo), e partecipare è un ottimo modo per conoscere l’isola in modo approfondito e divertente.

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